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Storie di call center: l’operatore suicida

Il call center anti suicidio

di
Alessandro Ghebreigziabiher


Quella mattina fu uno spasso.
Antonio non si era mai divertito tanto in vita sua e si chiese più volte perché non l’avesse fatto prima.
Domanda inutile, ovviamente.
E’ chiaro che prima non pensava di suicidarsi.
L’accettazione del destino ormai segnato rende anarchici in maniera imprevedibile quanto inaccettabile, soprattutto per una professione ordinaria come quella dell’operatore out bound.
No, perché perlomeno quello in bound gode del privilegio della sorpresa nascosta nella domanda in entrata, la quale, sebbene riguardi sempre lo stesso servizio o disservizio, può giungere ogni volta in maniera differente.
Ma il telemarketing tramite l’intrusione nella vita e l’appartamento di uno sconosciuto per convincerlo della qualità del prodotto è tutta un’altra cosa e l’essenza della distinzione risiede nell’originalità con la quale il cliente ti mandi a quel paese.
Sempre che non si abbia l’intenzione di suicidarsi la sera stessa…
“Pronto?”
“Buongiorno, la disturbo signora?”
“Chi parla?”
“Eh, la fa facile lei…”
“Come…?”
“Signora, non è mica una cosa semplice da spiegare…”
“Ma chi parla?”
“Senta, quello che sta succedendo è insostenibile. Ne parlerò con l’amministrazione del condominio.”
“Ma chi è…?”
“Lo sa benissimo chi sono, non faccia finta di nulla… e ci siamo capiti.”
“Cos’è? Uno scherzo, forse?”
“Ah, questa poi… lo chiama scherzo quello che è successo ieri sera?”
“Ma chi sei? Attilio, sei tu?”
“Attilio è impotente, signora, e lei lo dovrebbe sapere bene…”
Clic.
“Pronto?”
“Basta con questi cani.”
“Pronto…?”
“Ho detto basta con questi cani. E’ ora di finirla.”
“Ma chi è?”
“Come chi sono? Sono quello che non ce la fa più con questo abbaiare, giorno e notte.”
“Guardi che ha sbagliato numero…”
“Non facciamo i furbi. Io adesso chiamo la polizia, così la smettete con queste bestie.”
“Eh no, la chiamo io la polizia. Le ho detto che ha sbagliato numero.”
“Senta, signore, lei questo scherzo lo ha già fatto ieri e stavolta non ci casco. Quando è troppo è troppo. Un cane che abbaia va bene, ma due che rompono i coglioni di giorno e di notte non è possibile, lei è un maleducato.”
“Le ripeto che ha sbagliato numero. Io non ho cani, ho solo un gatto.”
“E allora la smetta di farlo miagolare, è una cosa insopportabile. Chiamo la polizia e la denuncio.”
Clic.
“Sì?”
“Salve.”
“Sì, salve. Chi parla?”
“Chi è?”
“Pronto? Chi parla?”
“E’ quello che dico anch’io: chi parla?”
“Guardi che è lei che deve dirmi chi è. E’ lei che ha chiamato…”
“Senta, parliamoci chiaro.”
“Ma chi parla?”
“Io non ci sto a questo gioco, non ci sto più.”
“Ma quale gioco? Ma chi è?”
“Sono io, non dirmi che non mi hai riconosciuto…”
“No che non ti ho riconosciuto… ma chi sei?”
“Ah, vuoi giocare? E va bene, giochiamo pure, se è così che ti piace…”
“Ascolti, credo che abbia sbagliato numero, io non ho idea di chi lei sia…”
“Se è per questo, neanche io non so chi tu sia, ma non è questo il punto.”
Clic.
“Pronto?”
“Pronto, sì, sarò breve. Non mi interrompere, perché altrimenti perdo il filo. L’altro giorno sei stata troppo dura con me, perché io penso che nel sesso ci vuole tenerezza ed io…”
“Ma chi…”
“No, lasciami finire, altrimenti non riesco a dirti tutto quello che ho nel cuore. L’altra notte te ne sei andata tutta nuda lasciandomi sul letto in tensione ed io non sono riuscito a dormire. Adesso non penso che…”
“Guardi che ha sbagliato nume…”
“Non voglio litigare. Non ho telefonato per litigare. Voglio solo farti capire che cosa significhi per un uomo rimanere in quelle condizioni, pronto ad esplodere…”
“Signore? Ha sbagliato numero. Io ho settantasette anni…”
“E cosa vuol dire questo? Pensi forse che siccome hai settantasette anni tu abbia il diritto farmi eccitare in quel modo e poi andartene senza finire quello che hai iniziato? Hai offeso la mia dignità di maschio. Con te non lo faccio più, ecco.”
Clic.
Ovviamente lo spettacolo venne interrotto, poiché il suo diretto superiore, il team leader - tradotto a senso il grande rompiscatole - vedendo uno dei membri della sua squadra sganasciarsi dalle risa tra una telefonata e l’altra si era accorto che qualcosa non andava. Quindi l’aveva licenziato in tronco.
Fu così che, non avendo mai smesso di sbellicarsi, Antonio raggiunse il marciapiede e dopo aver sollevato gli occhi al cielo azzurro della giornata appena iniziata cambiò idea.
Ma come si fa a togliersi la vita quando si è finalmente liberi?


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