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Le due madri

Le due madri

di
Alessandro Ghebreigziabiher

“Giovanni, siete pazzi? Ditemelo che siete impazziti tutti e mi regolo di conseguenza. Gestisco un’equipe di disturbati mentali, ne prendo atto.”
“Non siamo pazzi, dottoressa, che le devo dire? Io le riporto i fatti, più di questo che posso fare?”
“Allora siete dei criminali, è così? Perché qui passiamo i guai, Giovanni, io con lei. Qui finiamo sui giornali, maledetta me.”

Ghebreigziabiher Alessandro
“Ma no, dottoressa, cosa c’entra lei…”
“Eh, certo, lo so bene che io non c’entro, crede forse che abbia bisogno che me lo ricordi?”
“Non glielo ricordo, è chiaro, dottoressa.”
“Giovanni… mi prende in giro? Ci siamo perse due pazienti e lei si mette a scherzare?”
“Due donne a fine gravidanza, per giunta.”
“Crede forse che non lo sappia, Giovanni? Ho capito, non siete né pazzi e neppure criminali, solo deficienti, maledetta me…”
“Ma no, dottoressa…”
“Giovanni, le ho già detto che lo so da me che io non c’entro.”
“No… intendevo che non siamo deficienti, dottoressa.”
“Ripeto, Giovanni, mi sta prendendo in giro? Le sembra opportuno?”
Mentre la difficile conversazione andava avanti nell’ufficio della capo reparto, nel resto della clinica quasi tutto il personale libero si era lanciato alla ricerca delle due fuggiasche.
Ma come è possibile perdersi due pazienti? Ripetevano analogamente in molti, per giunta entrambe al nono mese.
Aisha e Susanna, poi, non potevano essere più diverse e lontane, a un occhio veloce quanto attento.
Il problema non è nella pupilla, ma nel tipo di lente con il quale schermi il mondo, come sosteneva con orgoglio il cucciolo di zebra che a scuola si ostinava a raccontare di essere nero a strisce bianche, piuttosto che l’acclarato e popolare inverso.
La prima marocchina, la seconda nostrana doc, quest’ultima di carnagione legale, l’altra storicamente e, soprattutto, geograficamente poco favorevole, la stessa con una vita in grembo dal futuro messo in discussione sulla carta, ovvero sulla pelle, e l’altra messo in discussione, punto.
Perché l’imprevedibilità del domani è una condizione naturale per tutti, come usano ripetere ai figli al debutto nel cielo le rondini monche, che hanno un’ala sola, ma ciò non impedisce loro di librarsi tra le nuvole.
E’ sufficiente raddoppiare il ritmo e l’amore per l’unico dono che hai, è il sottinteso.
A fine giornata, dopo aver setacciato ogni angolo dell’edificio, il mistero venne svelato.
“Maledetta me…”
“Dottoressa!”
“Sì, Giovanni.”
“Le abbiamo trovate!”
“Sul serio?”
“Sì, le abbiamo trovate.”
“E dov’erano?”
“In fumeria.”
“Intende la terrazza?”
“Sì, proprio lì.”
“Ma non è stata chiusa?”
“Certo, è pericolante.”
“Voi siete degli incoscienti, Giovanni, gestisco una banda di incoscienti, e non dica di no, che è così.”
“No.”
“No che?”
“No, dottoressa, nessuno è incosciente, neppure le due donne, se mi permette.”
Susanna e Aisha erano rimaste per tutto il tempo lì fuori, avvolte nella vestaglia, l’una accanto all’altra, sulle sedie dove di solito il personale della clinica si ritrovava per fumare, cosa che entrambe si erano guardate bene dal fare, viste le rispettive condizioni.
Due donne differenti e aliene, per il classico sguardo reso miope dalla fretta e i luoghi comuni, per quanto urlati, come sovente lamentano in coro il gufo che viene scambiato per civetta che viene frainteso per barbagianni e poi ricomincia, detto anche il circolo vizioso del rapace notturno.
Erano bastati i primi scambi, una volta sole nella stanza, sottovoce, come spesso si dice l’essenziale che il cuore porta in serbo in attesa delle grandi occasioni.
Io sono senza marito.
E io vorrei che non ci fosse.
Io sono senza permesso di soggiorno.
E io ho solo quello.
Io ho pensato tante volte di liberarmi da questo peso.
Io troppe.
Io, ora, vorrei solo il meglio per lui.
Io voglio esattamente quello che vuoi tu.
E niente e nessuno al mondo potrà convincerci che non c’è ne sia abbastanza per entrambi.
D’amore.
“Perché afferma che non siano incoscienti, Giovanni? E cos’hanno detto, quando l’avete trovate?”
“Chi?”
“Le due donne, Giovanni! Un branco di rimbambiti, ecco cosa gestisco.”
“No, dottoressa.”
“Cosa no?”
“Non hanno detto nulla, dottoressa, si sono solo guardate e scambiate un sorriso.”
Sì, adesso siamo pronte, per loro, con loro, come loro, siamo pronte a tutto.
Insieme
.



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