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Visualizzazione dei post da novembre, 2018

A tua immagine

A tua immagine di Alessandro Ghebreigziabiher “Buongiorno, sono Attilio, come posso aiutarla?” “Salve, sì, avrei un problema con l’immagine del profilo.” “Capisco. Intestatario dell’account?” “Avatar.” “Non il nickname, intendo il nome reale.” “Ecco, sì, è Avatar.” “Mi prende in giro?” “In che senso? E perché dovrei afferrarla mentre ruota su se stesso?” Clic. “Buongiorno, sono Andrea, come posso aiutarla?” “Buongiorno a lei, sì, guardi, ho chiamato anche prima, c’è qualcosa che non funziona con l’immagine del mio profilo.” … “Andrea? C’è ancora?” “Il nominativo, signore, mi serve il suo vero nome.” “Avatar.” “Il nome reale, signore, non ho tempo da perdere.” “E come mai? Sta per morire?” Clic. “Buongiorno, sono Silvio, come posso aiutarla?” “Ciao, sì. Ascolta, Silvio, io avrei l’immagine del profilo difettosa.” … “Silvio?” “Sono qua, non mi muovo. Ma per risolvere il problema mi occorre il suo nome, signore, quello vero, gliel’ho già detto.” “E

Mi hanno espulso

Mi hanno espulso di Alessandro Ghebreigziabiher Un incubo. Questo è un incubo, ma da svegli. Magari stessi ancora dormendo, darei qualsiasi cosa per trovarmi in uno di quei racconti, dove poi aprire gli occhi e tutto torna come prima. Rivedo ancora la scena come se fosse adesso, di nuovo, e di nuovo ancora. Sono in casa, tranquillo, fiducioso che la porta e le pareti mi proteggeranno. Perché là fuori c’è pericolo, questo mi hanno insegnato, ed è ciò che condivido ogni giorno con i miei pari. Il male si annida tra le pieghe di quel che ignoro e che è diverso da me, questa è la sola notizia da diffondere in ogni angolo del cervello come in ciascuna trama del cuore. A un tratto sento urla oltre l’uscio, chiamano il mio nome senza nominarlo, ma so che sono io, so che è di me che stanno parlando, che sono colui che stanno cercando. Non al terzo, neppure al secondo, bensì la porta cede al primo colpo, mostrandomi all’istante quanto fossi illuso di essere al sicuro. In

Il sogno del bambino diverso

Il sogno del bambino diverso di Alessandro Ghebreigziabiher C’era una volta un bambino. Un bambino che era diverso . Non per nascita, sia ben chiaro. Si viene al mondo unici, c’è inciso sulla confezione dell’anima, ma è una di quelle avvertenze speciali, scritte così in piccolo che per leggerle occorre avere gli occhi davvero aperti. Il nostro diverso ci divenne non appena aprì la porta della propria vita a quelle del prossimo. Si trattava di differenze superficiali, come sono la maggior parte di quelle che determinano i confini di ciò che non dovrebbe aver mai limiti. Leggi pure come la tanto trascurata intelligenza . Nondimeno, erano lì, ogni giorno tra i primi del piccolo protagonista di questa storia, come linee sempre più spesse e marcate a far da contorno all’immagine riflessa. “Un sortilegio”, pensò il bimbo, “questa è una cattiva magia, ovvero di malefiche intenzioni, capace di imprigionarmi in uno specchio del tipo truffatore, che ti concede solo due dim

Nadine e noi

Nadine e noi di Alessandro Ghebreigziabiher Si dice, talvolta si dice, che comprendiamo il reale valore delle cose solo quando le perdiamo. Pensiero, come molti, che altrettanto si smarrisce nell’affollato mucchio di banalità acclarate. Eppure, la storia racconta e ricorda che spesso, nell’ingenuità del ricorrente affresco, si celano colori nuovi, che danno un senso originale al passato. Forse, è questo l’unico modo per scrivere altre storie. Come il giorno in cui la ragazzina dalla carnagione complicata quanto le sue origini fu invitata dalla prof di lettere a leggere il suo componimento innanzi alla classe. Un tema, una lettera d’addio e un’accorata preghiera in una sola pagina, scritta di getto, senza pensare, con il cuore nudo e le mani tremanti. Parole forse incaute, destinate a un pubblico tutt’altro che pronto ad accogliere siffatti doni, perlomeno sulla carta. Ciò malgrado, qualcuno deve pur cominciare a incidere quest’ultima con qualcosa di tristemente on

Le meravigliose armi dei piccoli

Le meravigliose armi dei piccoli di Alessandro Ghebreigziabiher Un lampo, via la corrente, via tutto, da qualche parte, lassù, dove ogni cosa funziona, e di quel tutto si ha bisogno per vivere. Un lampo, un altro ancora, là sotto, dove il buio è di casa e, di certo, non fa paura. “Papà...” “Sì?” “Ho fatto un incubo.” “Raccontami, ti ascolto.” “No, è breve, solo due o tre secondi.” “Mi interessa comunque, vai.” “Ecco, ti ho detto, papà, è stato tutto molto veloce. All’inizio del sogno mi trovavo in una casa bellissima, piena di lampadari e colori, e c’era musica, tu ballavi, e mamma era ancora qui, con noi, come se le bombe...” “E poi?” “Poi, solo un attimo dopo, il sogno ha cominciato a sbriciolarsi.” “In che senso?” “Come se stessi leggendo un bel libro e una magia cattiva facesse a pezzettini le pagine.” “E hai avuto paura?” “No, sono solo triste.” Come per l’incubo, all’uomo furono sufficienti solo due o tre secondi per intervenire. “Ma non devi restar