La mia luce di Alessandro Ghebreigziabiher Corrado è in terra, rannicchiato e intento a stritolare se stesso, con l'inaccettabile speranza di cancellarsi, di sparire. Esattamente come l’adorato disegno, ridotto in pezzi da una tra le più odiose eredità dell'umano baraccone. Il dolore di un genitore. “Cosa fai lì?” chiede l’unica lettera amica di una famiglia solo abbozzata. La effe , per la cronaca, che il cielo la benedica. Corrado non risponde, ma Federica non si arrende e lo raggiunge sul pavimento della camera. Il luogo perfetto per incontrarsi, tra vittime innocenti. La ragazzina, vecchia saggia di tredici anni, si guarda in giro e nota i resti dell’opera sublime, sopravvissuti alla paterna solitudine travestita da alcool e rabbia. Quindi vede e capisce. Capisce e vede meglio. Vede meglio, capisce tutto e decide di prenderlo tra le mani, l’unico senso del racconto, il solo possibile per non soccombere allo sgradevole destino. “Meraviglioso…” fa co
di Alessandro Ghebreigziabiher