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Visualizzazione dei post da marzo, 2016

Ridatemi il piacere di perdere

Ridatemi il piacere di perdere di Alessandro Ghebreigziabiher “Hai votato?” chiese quella domenica mattina la moglie al marito. “Sì… e tu quando vai?” “Più tardi”, rispose la donna mentre impacchettava le cibarie. “Quando torniamo dalla gita passiamo dal seggio.” Solo mentre l’uomo si lasciò andare sul divano, la compagna si accorse della sua espressione smarrita. “Tutto bene?” “Sì…” “Non sembra.” “No, è che poco fa al seggio è successa una cosa strana.” “Che cosa?” La donna mollò i preparativi per la scampagnata e andò a sedersi accanto al marito. “Sono entrato con la mia scheda e documenti tra le mani, pronto per assolvere al mio dovere di cittadino modello.” “Bravo. E allora?” “Allora, aspetto il mio turno. Più tardi, quando mi chiamano prendo le varie cedoline con la matita e mi avvio alla cabina.” “Tante cedoline, stavolta, vero?” “Tantissime.” “E poi?” “E poi, finalmente trovo il simbolo che cercavo, stavo per mettere la mia crocetta quando ho se

Il sogno

Il sogno di Alessandro Ghebreigziabiher Uno grida. L’altro lo soccorre. “Cosa ti succede?” “Niente, scusami… è che ero grasso, molto grasso.” “Come?” “Sì, e un attimo dopo ero magro, troppo magro. Quindi avevo il volto martoriato dall’acne e poi le classiche orecchie… come si dice?” “A sventola.” “Esatto, proprio così. Quindi ero nero, cioè in realtà marrone, ma chiaro, però.” “Differenza veniale. “Già, poi ero donna, ma ero ancora uomo. E di seguito l’opposto. Ma ero sempre io…” “Capisco.” “Poi ero bello, infinitamente bello e un istante più tardi mi ci sentivo solo, bello. E ancora adesso non ho capito la differenza.” “Tipico.” “Ovviamente, sono stato anche alto e basso. Anche se questa non l’ho intesa appieno. Alto o basso rispetto a cosa?” “E lo chiedi a me?” “No, figurati. Avevo gli occhi a mandorla ma belli. Poi gli occhi azzurri ma cattivi. Quindi gli occhi verdi ma strabici e gli occhi scuri con qualcosa di chiaro.” “E’ la cataratta.” “Sarà

Sei troppo scura

Sei troppo scura di Alessandro Ghebreigziabiher Quando mia figlia mi raccontò quel che era accaduto a scuola il cuore mi si strinse. Al contempo, il petto prese a sobbalzare impazzito. Mi impegnai strenuamente nel soffocare le cause di entrambi i fenomeni, dolore e rabbia, ancora loro. Micidiali insieme, vero? Tuttavia, ogni energia si esaurì nello sforzo di reprimerle e le poche parole che riuscii a pronunciare, a mio avviso, non valsero affatto il prezzo del biglietto per lo spettacolo, ovvero il viaggio per essere un giorno la madre che avrei sempre voluto. “Non è nulla”, le dissi. “Sabato faremo qualcos’altro. Andiamo insieme al cinema, okay?” In quel momento non avevo idea di quel che la piccola avesse dentro. Non potevo, in effetti. Perché nessuno è in grado di misurare con precisione le meraviglie che una giovane fantasia può disegnare. Soprattutto un adulto. Certo, spesso ci vuole uno stimolo, come una spinta. A volare. Peccato che il più delle volte si tr

Storie di fantascienza: solo

Solo di Alessandro Ghebreigziabiher Solo. Solo era solo. Per questo l’avevano chiamato così, gli alieni. “Sei Solo”, gli dissero il primo giorno, quando lo rimisero in funzione. “E gli altri dove sono?” “No, sei Solo, nel senso che è il tuo nome…” “Ah, ecco, mi sembrava. E dove sono gli altri?” “Sei solo.” “Ho capito, l’avete già detto, mica sono scemo.” “No… cioè forse un po’ lo sei, perché sei un umano, ma non è questo il punto. Solo è il tuo nome, ma sei anche solo , nel senso che gli altri non ci sono.” “E come mai non ci sono?” “Sono morti tutti, non ricordi?” “No.” “E cosa ricordi?” “Ricordo che stavo sulla metropolitana chattando con il cellulare e poi…” “Bum?” “Già, bum. Cosa è successo?” “Vi siete estinti.” “Ci avete distrutto voi?” “Non abbiamo fatto in tempo.” “Ma tu guarda la sfortuna. E perché mi avete risvegliato?” “Per capire.” “Cosa?” “Ancora non lo sappiamo. Intanto, possiamo fare qualcosa per te?” “Be’, in effetti… mi sento un p