L’ultimo bicchiere d’acqua di Alessandro Ghebreigziabiher C’era una volta l’acqua. Va bene, non esageriamo, non possiamo più, ormai. Diciamo la verità. C’era una volta l’ultimo bicchiere d’acqua. Immaginatelo, immaginatevi. Tutta la gente del mondo che accorra stremata e consumata dall’arsura attorno all’ultimo dono rimasto. Ovvero due. Perché anche il bicchiere è un meraviglioso presente, se ci pensi, così come tutto quel che abbia la fortuna di contenere la parte migliore di noi. Ecco perché nessuno si dovrebbe sentire in diritto di maledire e in qualsiasi modo imprigionare il corpo altrui, per quanto inopportuno nelle forme e nel movimento. Ma questa è un’altra storia. Ragioniamo sulla scena. Se fosse uno solo a raggiungere il bicchiere, senza indugiare neanche per un secondo, lo afferrerebbe con foga e berrebbe avidamente. Laddove arrivassero in due, ecco l’esito più probabile: si scannerebbero con le poche forze rimaste e l’unico sopravvissuto alla tenzone
di Alessandro Ghebreigziabiher