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Visualizzazione dei post da aprile, 2016

Storie di scuola: Siamo tutto quello che c’è fuori

Siamo tutto quello che c’è fuori di Alessandro Ghebreigziabiher In pensione. Alla fine ci sono arrivata. Non alla pensione, cioè anche quella, ma mi riferisco ad altro. Al resto. Tutto il resto. Ricordavo, l’altro giorno, quando mi sono imbattuta in quel collega che ancora adesso non rammento come si chiamava. Non ho mai avuto particolare dimestichezza con i nomi e le facce. Ricordo solo le voci. Ma di quel minuto adolescente in prima media, con la testa invasa da ricci a dir poco scostumati e gli occhiali eccessivamente grandi, dalla sgargiante montatura rossa tenuta insieme dallo scotch, non ho più dimenticato alcunché. Corrado, si chiamava Corrado ed era stato solo un anno nella mia classe. O, forse, ero stata io. A trascorrere non più di un anno nella sua vita. Non ho idea di dove sia finito dopo, ma non appena il mio collega mi ha chiesto dei vecchi tempi andati ho subito ripensato a lui e a ciò che scrisse nel tema di quel giorno. Racconta chi sei , la tra

Storie di ragazze: Il mistero della ragazza muta

Il mistero della ragazza muta di Alessandro Ghebreigziabiher Esattamente un mese è durato il più adorabile equivoco della mia famiglia. Tua figlia non parla, dicevano. Mia figlia non parla, è quel che sapevo. Il fratello, lui sì che è simpatico, osservavano da lontano. Il fratello è simpatico, riconoscevo osservando lui, da vicino. Ma altrettanto nei pressi di lei, del suo viso, dei suoi occhi, sapevo. Sapevo che non me la contava tutta, come si dice. O, forse, era solo una scontata speranza di madre. Leggi pure come quella creatura perennemente ostinata nel concentrare sentimenti e aspirazioni sulla metà piena della vita . Mutismo selettivo, diceva lo psicologo. Mutismo selettivo, è quel che cercavo un giorno sì e un altro pure su internet. Parla unicamente quando è sola in bagno, spiegava mio marito. Parla unicamente quando è sola in bagno, cercavo invano un giorno sì e un altro pure su internet e ogni libro che avevo comprato sull’argomento. Ma questo non vuo

Storie di ragazze: Io sorrido

Io sorrido di Alessandro Ghebreigziabiher Sei troppo seria, Daniela, dicono spesso i professionisti dall’occhio perennemente attento alle superficialità del vivere. Tu non sorridi mai, sentenziano sovente i fuoriclasse del particolare che non sfugge ad anima viva. Hai un bel sorriso, osservano di continuo gli adoratori del lieto fine a buon mercato, dovresti mostrarlo di più. Grazie, non sorrido, ma ringrazio. Per cortesia. Perché non ce l’ho col mondo intero, non merita così tanto. Tengo alla mia collera, le sono affezionata come a un’insostituibile compagna di giochi immaginaria. Che nel tempo della solitudine reale, come in quella affollata, ha riempito vuoti. Ha ingannato, certo. Fuorviato, è sicuro. Ma era lì, con me. E come fai a non voler bene a chi resti con te quando tutti se ne sono andati? Sei troppo dura con te stessa, affermano molti tra quelli di cui sopra, senza entrare nello specifico. Sei troppo dura con il tuo corpo, sempre lì a bucare pelle e

Storie di scuola: La classe degli ultimi

La classe degli ultimi di Alessandro Ghebreigziabiher C’era una volta una scuola tra le ultime. Anzi, no. Non si può iniziare una storia con una bugia, laddove di fantasia si nutra. Ovvero l’unico brandello di realtà che rimane a chi non è arrivato ultimo, ci è nato. C’era una volta l’ultima scuola. Tra le ultime. Nell’ultima scuola tra le ultime, all’ultimo piano, c’era l’ultima classe. La classe degli ultimi. Si da il caso che, all’ultimo piano dell’ultima scuola, nella classe degli ultimi, l’ultima insegnante tra tutti gli ultimi insegnanti, quella mattina aveva deciso di dare il via alla riscossa degli ultimi. E quale modo migliore per ribellarsi al destino che stravolgerne le regole? “Facciamo una gara”, disse la prof agli studenti. “E’ inutile”, rispose una ragazza dall’ultimo banco. A esser pignoli, da un ultimo banco della sola fila composta da soli ultimi banchi. “Perché è inutile?” chiese lei. “Perché tanto noi non vinciamo mai.” “Ma stavolta sì”,