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Storie di fantascienza: solo

Solo

di
Alessandro Ghebreigziabiher



Solo.
Solo era solo.
Per questo l’avevano chiamato così, gli alieni.
“Sei Solo”, gli dissero il primo giorno, quando lo rimisero in funzione.
“E gli altri dove sono?”
“No, sei Solo, nel senso che è il tuo nome…”
“Ah, ecco, mi sembrava. E dove sono gli altri?”
“Sei solo.”
“Ho capito, l’avete già detto, mica sono scemo.”
“No… cioè forse un po’ lo sei, perché sei un umano, ma non è questo il punto. Solo è il tuo nome, ma sei anche solo, nel senso che gli altri non ci sono.”
“E come mai non ci sono?”
“Sono morti tutti, non ricordi?”
“No.”
“E cosa ricordi?”
“Ricordo che stavo sulla metropolitana chattando con il cellulare e poi…”
“Bum?”
“Già, bum. Cosa è successo?”
“Vi siete estinti.”
“Ci avete distrutto voi?”
“Non abbiamo fatto in tempo.”
“Ma tu guarda la sfortuna. E perché mi avete risvegliato?”
“Per capire.”
“Cosa?”
“Ancora non lo sappiamo. Intanto, possiamo fare qualcosa per te?”
“Be’, in effetti… mi sento un po’ solo…”
“Ma tu sei Solo. Tutto, non solo un po’.”
“Non intendevo il nome… che poi sarebbe Attilio, a dire la verità.”
“Quella è la vecchia versione di te. Ti abbiamo aggiornato con il nuovo sistema operativo e ora sei Solo.”
“In ogni senso?”
“Esatto.”
“Non mi piace… mi rattrista. Non potreste aiutarmi voi che siete alieni intelligentissimi, potentissimi e super fichissimi?”
“Non fare il ruffiano, perché non attacca. A ogni buon conto, ecco quello che possiamo fare per te. Indossa questo casco. Con esso potrai parlare con un altro te.”
“Chi?”
“Te.”
“No… chi è l’altro?”
“Sei sempre te, parlerai con te stesso, ma avrai la netta sensazione di stare parlando con un altro.”
“Posso scegliere come dovrebbe essere?”
“Sì, ma nulla di erotico.”
“Alieni moralisti?”
“No, è che da nudi ci fate paura, siete mostruosi.”
“Grazie. Comunque, vorrei parlare con una bella moretta con gli occhi scuri e la voce simpatica. Si può?”
“Certo, già fatto. Eccoti il casco.”
Solo lo indossò immediatamente e dopo qualche giorno gli alieni lo interrogarono.
“Come va?”
“Bene, ma sono di nuovo triste.”
“Perché? Non ti piace la moretta?”
“Sì, ma mi manca qualcosa.”
“Che?”
“Qualcuno con cui vantarmi di lei. Non si potrebbe ampliare la cosa?”
“Sicuro, ma ricorda: sarai sempre te.”
“Meglio di essere solo.”
“Ma tu sei Solo.”
“Ancora? Dai, saltiamola stavolta e aggiornate il casco, per favore. Voglio un amico, non importa come sia, basta che sappia ascoltare e che non sparli in giro sulle mie confidenze.”
“E con chi potrebbe se sei so…”
Gli alieni si interruppero notando lo sguardo irritato dell’uomo. Il nostro si collegò subito con il nuovo arrivato e un paio di settimane più tardi gli extraterrestri si fecero vivi di nuovo.
“Come procede?”
“Insomma.”
“Perché? Non sei contento?”
“Sì… cioè no.”
“Qual è il problema?”
“E’ semplice: nonostante la moretta e l’amico, mi sento solo…”
“Ma tu sei…”
“Ho capito! Sono Solo e solo, non serve ripeterlo tutte le volte.”
“Cosa vorresti? Cambiare ragazza, per esempio? Preferisci una bionda? Oppure, che ne diresti di qualche amico in più? Magari una comitiva con cui andare a bere al pub o a vedere la partita? Possiamo caricare nel casco tutta la gente che vuoi.”
“L’ho capito, sono un umano scemo, ma questo l’ho capito. Il fatto è che sono sempre solo, di nome e di fatto. Non riesco a vivere così, senza entrare in contatto diretto con gli altri, senza sfiorarli con le mani, ascoltando davvero la loro voce e guardandoli sul serio negli occhi…”
“Questo è ottimo”, osservarono raggianti gli alieni. “Vuol dire che l’aggiornamento che ti abbiamo messo sta funzionando bene.”
“Perché?”
“Perché prima a vivere così ci riuscivi perfettamente.”


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