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Storie di donne: Guardami

Guardami

di
Alessandro Ghebreigziabiher


Domani è il mio compleanno, pensa Elisa.
Ma la mia festa è oggi.
Perché oggi sono bella.
Perché oggi vorrei esserlo.
Domani non so.
Brandelli di pensiero coerente, rattoppati alla bisogna per esigenze editoriali. 
Sempre se qualcuno mostrerà mai la benevolenza nel valutare questo mio scritto.
Ah, io scrivo.
E non pubblico.
Sia dal punto di vista librario che in materia di ascolto, ecco.
Nel senso che quella roba con cui insisto ad appesantire la memoria del pc non ha mai trovato casa in una pagina che non fosse digitale e in uno sguardo che non fosse il mio.
Sì, lo so, ci sono gli Ebook, ma non l’ho mai presi in considerazione davvero.
Senza offesa ma scrivere per me è magia.
E magia vuol dire trasformazione.
Una cosa che ne diviene un’altra totalmente differente.
Il volume telematico non è abbastanza inverosimile per il sottoscritto, troppo logico.
Ho bisogno che le parole fuggano dalla cella che le ospita come un anonimo bruco che diviene farfalla.
O, meglio, come un’adolescente dall’anima perplessa che dopo esser rimasta chiusa in casa per più di due anni, a maltrattare per prima quella medesima anima, decida di evadere da se stessa alla vigilia del suo diciottesimo genetliaco.
Lo giuro.
Quella mattina non stavo chattando.
E neanche facendo finta di farlo per evitare gli occhi della folla sul metrò.
Ammiravo una foto, tutto qui.
Mio padre che russava sul divano dopo l’ennesima notte trascorsa intrappolato tra le certezze dell’alcool e la confusione delle personali emozioni.
Riposa, gli ho augurato prima di uscire per andare a scuola.
Per una volta, riposa e svegliati sul serio.
Da quel maledetto incubo.
Tuttavia, così va la narrazione che scivola sulla superficie del mare.
Tutto sembra uguale ed è difficile distinguere un’onda dall’altra.
Come una selva di teste chinate sul prezioso cellulare.
Ecco come dov’essere apparso il mondo ritrovato alla ragazzina che è salita alla fermata non ricordo quale, ma rammento lei.
Oh, se la rammento.
Due anni addietro era nella fila accanto alla mia, lei all’ultimo banco, io al penultimo.
La prima volta che ci siamo davvero guardati.
E sorrisi.
Cioè, io avevo sorriso, ma lei no.
Ma cosa importa a uno scrittore incompiuto?
Prima o poi arriverà.
Se non il libro.
Il lettore.
“Guardami”, gridò a squarciagola Elisa quella mattina, dopo avermi scorto tra i passeggeri.
Domani sarà il mio compleanno, dicevano i suoi occhi. Ma è oggi che voglio festeggiare. Perché oggi voglio essere bella. Ecco perché so di esserlo, oggi.
Domani non conta.
Un po’ tutti abbiamo sollevato il capo e guardato quella ragazzina vestita elegante, truccata e pettinata come per una serata speciale.
Un po’ tutti abbiamo fissato i nostri occhi nei suoi.
Ma uno solo tra tutti ha ricevuto in cambio il suo sorriso.
C’è voluto tempo per la risposta.
La vera magia non è mai roba di un attimo.
Ecco perché continuo a scrivere.
Ed ecco perché mi sono alzato e mi sono avvicinato a lei.
Non ci crederete, ma stiamo ancora ballando.

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