Passa ai contenuti principali

La ragazza che fissava

La ragazza che fissava

di
Alessandro Ghebreigziabiher


Entriamo nella stanza della prof.
Con la prof e lei, la ragazza che veniva da lontano.
Più precisamente, la ragazza che fissava.
“Non ce l’hanno con te, Nadira.
“Devi provare a capirli, perché l’ho notato anche io.
“E spero tu abbia chiaro che neppure io ce l’ho con te, sono qui per aiutarti, sono solo la tua professoressa di lettere, non sono tua madre, ma questo non vuol dire che non desideri il meglio per te.
“Vorrei che tu fossi serena, in fin dei conti.
“Ma è vero che fissi gli altri, non puoi negarlo. Lo hai fatto con tutti, in classe. Certe volte lo fai anche con me, non mi dai fastidio, sia ben chiaro, ma lo vedo che mi guardi e continui anche se smetto di parlare.
“E poi parli poco e questo non aiuta, Nadira.
“Se parlassi di più con i tuoi compagni, anche durante le lezioni, non sarebbe male.
“Hai questi occhioni grandi, belli, eh? Davvero intensi, marroni con una pennellata di verde, proprio come un mio fidanzatino di quando avevo la tua età.
“Poi è partito e non ci siamo più visti. Ho provato a cercarlo su Facebook, come fate voi altri, ma mi ricordavo solo il nome, figurati.
“Tu ce l’hai il fidanzatino, Nadira?
“Hai sedici anni, chissà quanti ragazzi ti verranno dietro.
“Quando avevo sedici anni le cose erano diverse, lo so che te lo diranno tutte le persone della mia età, ma è davvero così. Per esempio non c’erano tutti questi modi per entrare in contatto che avete voi, con i social network e gli smartphone, per dirne due.
“Forse si parlava di più, non lo so.
“A proposito, non ti ho mai visto con il cellulare in mano, ma ce l’hai?
“Mi sorprendo di me stessa a darti un consiglio del genere, ma uno di quei cosi giganteschi che hanno le tue compagne ti farebbe comodo, so che hanno un gruppo su WhatsApp e si organizzano per il fine settimana.
“So pure che non esci mai con la classe, me l’ha detto una di loro.
“A dirla tutta, mi ha confidato che una volta sei andata a una festa e qualcuno tra i ragazzi ti ha preso in giro perché li fissavi, come fai di solito.
“Lo vedi? Non è perché ce l’hanno con te, è solo che una persona che mentre parli, o anche no, sta lì a guardarti con gli occhi sbarrati, in silenzio, può inquietare, è comprensibile.
“Cara Nadira, il fatto è che lo stai facendo anche adesso… perché?”
La ragazza non intaccò di un millimetro il disegno degli occhi, immobili e attenti sulla donna al di là della cattedra nella sala professori.
Su tutto di lei.
Quindi furono le labbra a smarcarsi dall’apparente inerzia del resto, dando vita a una sorta di espressione degna di questo nome.
Forse un abbozzo di sorriso, forse un’infinità di altre cose.
Più probabile la seconda.
“Sta morendo”, disse con tono umile ma convinto.
Estremamente tale.
“Chi, Nadira?”
“Questa.”
“Cosa, cara?”
“Questa e tutte le altre, stanno morendo. In ogni istante nascono e muoiono a milioni, anzi, a miliardi. Non sappiamo quanto dureranno, non abbiamo idea di dove ci porteranno, nessuno può, e men che meno dovrebbe, essere in grado di prevedere cosa proverà durante il viaggio. E’ meraviglioso. Tutto questo è meraviglioso.”
“Di cosa parli, Nadira?”
“Delle storie, professoressa.”
“Di lei, di me, di tutti, di quella che tra poco morirà.”
“Di questa storia?”
“E di quelle che nasceranno quando uscirò da questa stanza, con lei, con me, per poi morire a loro volta. Tutto questo ha bisogno di attenzione, di silenzio, di occhi che guardano.”
“Che fissano, Nadira.”
“Sì e mi scusi se anche ora lo sto facendo, ma mi piace troppo essere qui. Mi perdoni se non vorrei perdermi nulla.”
“Perché?”
“Perché prima di arrivare qui da voi ho imparato che le storie hanno tutte la stessa debolezza.”
“Quale?”
“Anche le più belle, soprattutto quelle, possono finire da un momento all’altro.”


Leggi altre storie di scuola
Ascolta la mia canzone La libertà
Compra il mio ultimo libro, La truffa dei migranti, Tempesta Editore

Iscriviti alla Newsletter

Commenti