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Storie di intercultura: La panettiera e il nigeriano

La panettiera e il nigeriano

di
Alessandro Ghebreigziabiher


Questa storia ha luogo a Francavilla Fontana, un comune in provincia di Brindisi, in Puglia.
Pare che la sua nascita risalga all’VIII secolo avanti Cristo e che venga chiamata anche la Città degli imperiali, in omaggio al nome di una nobile famiglia di feudatari sotto il cui dominio raggiunse il massimo della sua grandezza, industriale e culturale.
All’epoca della stesura di questo racconto, il dominio, se così vogliamo chiamarlo, di Francavilla era invece in mano al sindaco Vincenzo Della Corte, esponente del Popolo della Libertà.
Il 24 agosto del 2010 Benedetto Proto, consigliere comunale pidiellino, fu colto da una necessita impellente: doveva andare in panetteria.
Ebbene sì, anche gli uomini di Berlusconi lo fanno.
Fanno di tutto, figuriamoci andare in panetteria.
Ed è lì che il Proto fece l’incontro che segnò per sempre la sua carriera politica e umana.
Diciamolo: soprattutto umana.
Non appena si avvicinò al negozio, gli occhi del prode amministratore cittadino incrociarono inorriditi una presenza a dir poco vergognosa: un uomo dalla carnagione equivoca.
Un africano?
Un africano sciolto, signori miei.
Ma non solo.
L’oscuro individuo osava sostare sulla pubblica pavimentazione marciapiedale profondendosi in un ripetuto allungamento e contestuale retrocessione dell’arto superiore destro con la speranza di carpire l’altrui pecunia abusando della rinomata generosità sudista.
In breve, chiedeva l’elemosina.
Il difensore dei valori e delle tradizioni occidentali sentì nel cuore che non poteva rimanere impassibile innanzi a tale immane delitto.
Si avvicinò al marrano e gli intimò di allontanarsi immantinente.
Mentre il nostro condottiero era pronto a sfoderare l’affilato cellulare e chiamare i pubblici rinforzi, la reazione del bruno invasore lo lasciò di stucco.
Cioè, potrei pure indicare un’altra sostanza al posto dello stucco, ma non voglio infierire, come si vedrà più avanti.
Difatti, il tenebroso fuorilegge, invece di reagire in modo bestiale, come prevedibile in un selvaggio, decise di accontentare il Proto e trovarsi un altro luogo in cui macchiare la bianca cittadina pugliese.
Non prima però di aver cambiato in valuta frusciante la manciata di monetine sottratte con l’inganno sino a quel momento.
Ecco, è lì, in quel preciso istante che qualcosa di straordinariamente ottuso scattò nella testa del consigliere.
Dimentico dei due etti di lonza che avrebbe dovuto acquistare, il consigliere berlusconiano si guardò in giro con occhi assetati di sangue e dopo pochi secondi vide ciò che stava cercando.
Si mosse velocemente, senza perdere un attimo.
Nel frattempo, il bronzeo intruso, dopo aver atteso – incredibile a dirsi – educatamente la fila, ottenne il sospirato cambio e raggiunse nuovamente l’ingresso della panetteria.
Ciò che provò sulla soglia del negozio non fu paura.
Solo un enorme misto di delusione e amarezza.
Al contrario, il Proto, in mezzo a due valenti vigili urbani, sorrideva a settantacinque denti e allargò ulteriormente il proprio ghigno non appena l’esotica creatura venne arrestata con l’accusa di averlo aggredito con un coltello.
E se ciò non fosse stato sufficiente, uno dei due vigili si dichiarò vittima a causa della violenza del terribile guerriero saraceno, catturato e inseguito dopo un suo futile quanto vile tentativo di fuga.
Il giovane nigeriano venne incarcerato il giorno stesso con le accuse di resistenza a pubblico ufficiale, minaccia a mano armata, porto illegittimo di armi, rifiuto di fornire le generalità e lesioni personali aggravate, confermate anche da un quanto mai tempestivo referto medico relativo al contuso vigile.
Per nove giorni il gaglioffo dormì tra le sbarre, nell’unico luogo in cui questi alieni individui non disturbano l’Italico occhio, e finalmente arrivò l’ora del giusto processo.
Secondo il dizionario Garzanti, l’aggettivo giusto vuol dire che agisce secondo giustizia, equo, imparziale. Esempi: un uomo giusto, un giudice giusto.
Un uomo giusto, come il baldo consigliere Benedetto Proto, il quale sedeva in aula con sguardo tronfio, in attesa di ascoltare la giusta sentenza.
Normale per chi appartenga ad un partito che, sin dalla discesa in campo del suo leader, ha messo il tema della giustizia in cima alle priorità.
Non avrebbe potuto fare altrimenti.
Innanzi a lui vi era un giudice giusto, come Stefania De Angelis, la quale – prima di emettere la giusta sentenza – permise all’avvocato Giulio Marchetti di far testimoniare la panettiera: “Mi chiamo Serafina, Serafina Latartara e sono la titolare della panetteria. Ho seguito tutta la scena. Il mio negozio non è grandissimo, tutt’altro e dal bancone riesco a vedere e ascoltare tranquillamente anche quello che accade all’esterno. Il ragazzo, l’imputato, era sul marciapiede come fa ogni giorno per cercare di racimolare qualche soldo. A me non da fastidio e posso parlare anche per quasi tutti i nostri clienti. Non posso dire tutti, perché non appena ho visto arrivare il consigliere Proto ho capito subito che per il giovane le cose si stessero mettendo male. Non appena il consigliere gli ha intimato bruscamente di allontanarsi lui è venuto nel mio negozio e ha svuotato le tasche sul banco. Io gli ho cambiato gli spiccioli e regalato una focaccia. Anche questo lo faccio ogni giorno. Quindi sono arrivati i vigili con Proto. Il ragazzo non aveva un coltello. Come ho detto al giudice quel giorno, ho visto bene che non avesse un coltello. Ha svuotato le tasche davanti a me. Tutta questa storia fa solo schifo. E’ una vergogna che paghiamo persone del genere per amministrare le nostre città…”
Per la cronaca, il giudice assolse il giovane nigeriano con formula piena e il pubblico ministero Giuseppe De Nozza, dopo aver chiesto il proscioglimento, gli rivolse pubbliche scuse a nome di tutta la comunità.
Non con altrettanta benevolenza venne invece trattato l’illustre consigliere pidiellino: “E’ una vicenda deprecabile”, dichiarò il procuratore, “un inaccettabile rigurgito razziale”.
Il pm ha poi richiesto la trasmissione degli atti processuali alla procura, aprendo un fascicolo a carico del Proto per falsa testimonianza di fronte all’autorità giudiziaria.
Subito dopo il processo, il nostro rassegnò le dimissioni nelle mani del sindaco.
“Sono cristiano, non provo alcun rancore, conosco il valore del perdono.”
Con queste parole il ragazzo nigeriano ha risposto a chi gli chiedeva cosa provasse nei confronti del suo accusatore.

Tratto dallo spettacolo di teatro narrazione L’Italia che vorrei (2011).

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