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Storie d’amore: Ma non mi dire e Ma dai

Ma non mi dire e Ma dai

di
Alessandro Ghebreigziabiher


Novità: guarda il video o ascolta in versione solo audio.

C’era una volta una coppia di anziani.

Entrambi avevano degli strani soprannomi: lui lo chiamavano Ma non mi dire e lei Ma dai.
Il primo era un omino di ben due anni, da aggiungersi a novanta. Ma i suddetti ventiquattro mesi erano storia notevole.
Perché corrispondevano esattamente al tempo che lei era entrata nella vita di lui.
L’ottuagenaria Ma dai – intendo il nome della vecchina e non per diffidare della precedente affermazione – aveva difatti traslocato due anni addietro nell’appartamento accanto a quello di Ma non mi dire. Mi riferisco ovviamente al nome del vecchietto, sebbene sarebbe quanto mai singolare che io stesso dubitassi delle mie parole.
Nondimeno, era esattamente questo che accomunava i nostri: il dubbio, un dubbio atroce verso tutto e tutti. Da cui i soprannomi di entrambi, Ma non mi dire e Ma dai. Ovvero, da questi ultimi traeva spunto la loro storia.

In seguito al loro primo incontro, buongiorno e buonasera, arriva il freddo e torna il caldo, prego e grazie, erano state le uniche parole che i due avevano scambiato.
Arduo figurarsi il contrario.
Ma non mi dire, intendo il soprannome… anche se ormai è chiaro, era sempre vissuto solo.
Senza amici e relazioni più o meno significative, al netto di una carneficina di parenti da parte di sua maestà il tempo.
Il suddetto tiranno aveva isolato allo stesso modo anche Ma dai, mi riferisco al nomignolo… - okay, sta diventando stucchevole -, che alla stregua del vicino viveva un’esistenza praticamente impermeabile al resto del mondo.
Entrambi si nutrivano della rispettiva casa.
Che fosse fatta di soffitti, pavimenti e finestre, piuttosto che di pensieri e rimuginare su questi ultimi, non v’era molta differenza.
Finché.
Ma non mi dire, direte voi, non nel senso del soprannome, stavolta.
Ma dai, salterà su qualcun altro, e ugualmente non parlo della vecchina.
Eppure, è così che funziona, lo sappiamo tutti.
Nelle storie, come nella vita, c’è sempre un finché dietro l’angolo. Il problema è che non esiste finché non svoltiamo, ecco.
La curva del racconto per i due si palesò la sera dell’ultimo dell’anno, al termine di quella manciata di mesi di comune e formale vicinato.
Tornati alla stessa ora da una veloce spesa prima di cena, si incontrarono nell’ascensore.
Buio.
Non dissolvenza da cinema.
Precisamente buio pesto e poi luce d’emergenza.
Perché era davvero un’emergenza, cara luce artificiale che osservavi da lassù i due vecchietti.
Si è bloccato l’ascensore, pensarono all’unisono.
“Ma non mi dire”, disse lei.
“Ma dai”, fece lui.
E per il resto della notte di quell’ultimo dell’anno, si dissero e si diedero tutto quello che nella loro vita non avevano mai detto e dato.


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