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Vietato guardare

Vietato guardare

di
Alessandro Ghebreigziabiher

 
Di nuovo, in un futuro auspicabilmente lontano…

Gli allarmi suonano, ovvero, urlano e strepitano di collera indicibile.
Chi ha osato?
Chi ha potuto arrivare a tanto?
La folla si fa numerosa, intorno, compatta nello stupore e il capo chino sul personale monitor sovrano.
“Signora”, fa l’agente preposto fissando la donna inquadrata nel suo, di schermo, “suo figlio è in arresto.”
La madre del colpevole è incredula, più che spaventata.

Alessandro Ghebreigziabiher
“Mi scusi”, fa rivolgendosi al solerte funzionario ritratto nel video del cellulare stretto tra le mani. “Ma, ecco, vede…”
“Non la scuso affatto”, ribatte l’altro, mentre i curiosi iniziano a filmare e a strappar via brandelli dell’inusitato evento come cani livorosi intorno alla preda rea di palesar sangue e fragilità. “Il bambino ha violato la sacra regola.”
“L’ha violata…” mormorano in coro, quasi salmodiando, i presenti che man mano si appropinquano per guadagnar definizione per l’immagine inaspettata. “La sacra regola… l’ha violata…”
“Lei, come tutti, sa perfettamente che in pubblico nessuno può sollevare lo sguardo dal proprio telefonino.”
“Certo”, si premura di spiegare la signora, “lo so bene, conosco la sacra regola, solo che il mio bambino…”
“Ah, chiaro”, la interrompe di nuovo l’addetto al rigore cittadino, “adesso mi tira fuori la solita solfa del piccolino, che è innocente, poverino… ma ha visto cosa postano oggigiorno questi delinquenti in erba?”
E di seguito, l’improvvisato pubblico marchia con un comune pollice verso la stigmatizzata replica della donna.
Perché se è popolare salire sul carro del vincitore, di questi tempi è altrettanto facile farlo a pezzi, laddove si ritrovi a percorrere la canonica via nella direzione opposta.
“No, guardi, c’è un equivoco, io non intendevo…”
“Si vergogni”, la apostrofa il solerte guardiano dello status quo. “Lei dovrebbe essere una guida per suo figlio, invece di farlo cadere nel vortice del peccato…”
“Vergogna …” echeggia la folla come sopra. “Ha peccato…”
“Ma quale peccato?” la donna tenta ancora di farsi ascoltare. “Lei non ha capito…”
“Silenzio!” esclama irato il custode del viver concesso. “Credo proprio che dovrò arrestare anche lei, insieme al criminale che sta allevando…”
“Arrestala!” bercia il popolino in piena, estatica foga.
“Mio figlio non è un criminale!” strilla di rimando la donna sovrastando insperatamente il frastuono.
“Come no?” ribatte stizzito l’agente. “Ha violato la sacra regola, l’abbiamo visto tutti, lo vediamo anche ora, la scena è virale su ogni schermo, ormai. Il bambino ha il capo lontano dal monitor e sta guardando intorno a sé.”
“Peccatore!” sbraitano i numerosi testimoni della grave trasgressione.
“Ma voi non capite”, esclama con rinnovato vigore la madre. “Mio figlio è cieco…”
Un quanto mai gradevole silenzio cala inesorabile in quel mentre.
“Ah…” osserva mortificato il poliziotto. “Allora sta guardando il niente…”
“Si sbaglia”, lo corregge la donna.
Siamo noi a farlo.



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