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Storie di scuola al contrario

Storie di scuola al contrario

di
Alessandro Ghebreigziabiher

Ti ho capito, figlia mia, recepito il messaggio.
Papà è lento, me ne rendo conto, ma poi ci arriva.
Perché ti scrivo invece di parlarti a voce?
Be’, pure tu hai usato una pagina per comunicare, mi sembrava la scelta migliore, ecco.
E non riprendermi perché dico troppe volte ecco alla fine della frase.
Se lo dico, lo scrivo, ecco.
Sono coerente.
Se non capisco, lo ammetto, insomma.

Ghebreigziabiher
Che ne dici di insomma, ti sembra meno pedante?
Cosa vuol dire pedante, ti starai chiedendo, me lo immagino.
A undici anni puoi essere sveglia quanto ti pare, ma presumo che ci siano ancora parole di cui ignori il significato.
Lascia perdere il dizionario, okay? Sto cercando di scusarmi.
Ecco e insomma.
Ora però ho capito, Valeria, a differenza della tua maestra, con cui ho parlato oggi pomeriggio, al ricevimento.
Poverina, come avrebbe potuto? Senza aver visto il primo tempo del film, come riesci a comprendere il finale?
Mi riferisco al breve scambio che abbiamo avuto domenica sera, mentre ascoltavo le notizie del tg.
Rammento, sai? Papà è lento, l’ho detto e lo ripeto, ma con un po’ di sforzo, ricorda.
Dicevo, saltando ogni preambolo, la tua maestra mi ha subito mostrato il tema per la vacanze, quello sui desideri per il tuo prossimo anno, ultimo di scuola elementare.
Sì, lo so, ora si dice primaria, papà è lento e su alcuni aspetti sceglie volontariamente di rimanere indietro, soprattutto su come chiamare le cose.
Tanto ciò che conta davvero è il loro significato, basta averlo chiaro.
Ed è esattamente questo il problema della tua insegnante.
Non aveva inteso cosa volessi dire con il tuo componimento.
Per la cronaca, hai scritto che per l’anno venturo vorresti, in ordine sparso:
Uno, che il lupo e il cacciatore fossero in realtà complici. Di conseguenza, quest’ultimo uccide la nonna e l’animale si mangia oltre a cappuccetto rosso, anche la madre, il padre, zii, cugini e pure il pesciolino rosso sul mobile in soggiorno.
Due, che Biancaneve fosse in realtà la vera strega della storia, più bella del reame, ma sempre una crudele fattucchiera. Ha trasformato i suoi sette fratelli illegittimi e mai riconosciuti in altrettanti nani e il primogenito ed erede al trono è in realtà Brontolo, per questo gli rode sempre, anche se non lo sa. Grimilde finge di essere cattiva perché ricattata proprio dalla farabutta in questione, poiché Biancaneve possiede un video compromettente della regina, ottenuto tramite lo specchio magico che non è altri che una webcam azionata da lei stessa.
Tre, che Cenerentola fosse in realtà un’astuta pigrona. Difatti, non è affatto vero che la matrigna e le sorellastre la maltrattassero. Anzi, erano loro a sgobbare tutti i giorni mentre lei si chiamava fuori tirando in ballo un fantomatico male ai piedi a causa delle scarpe troppo strette. Quella della ragazzina costretta a sfacchinare per tutti è una clamorosa balla postata su Facebook e condivisa ovunque, perché ci piace credere alle storie inventate, soprattutto quelle più semplici.
Mi fermo qui, tralascio volutamente la perfidia dei tre porcellini, la cupidigia di Robin Hood e l’egoismo di Geppetto.
Ho capito, ripeto, ho colto il messaggio, ecc.. cioè, insomma.
Ho ricordato quel che ti dissi la sera prima del tuo ritorno a scuola dopo le vacanze e ho sorriso.
“Cosa c’è di così divertente?” mi ha chiesto giustamente seccata la maestra.
“Vede”, le ho risposto, “ieri stavo guardando il telegiornale e Valeria si è seduta accanto a me sul divano. Dopo un po’ mi ha posto una domanda a cui avrei dovuto prestare maggiore attenzione: papà, in televisione dicono che le cose vanno sempre male, tanta gente muore e soffre. Perché non va mai come nelle favole? Io l’ho guardata per un istante, mi si è stretto il cuore, ma mi sono sentito in dovere di dirle la verità, ovvero, quella che pensavo fosse in quel momento.”
Rammento anche adesso perfettamente cosa ti dissi, piccola mia.
Che è questa la differenza tra le fiabe e la realtà. Le prime devono capovolgere la seconda, mostrarci un mondo più bello e felice, al contrario di ciò che è davvero.
Ed è forse in quel momento che tu hai scelto cosa desiderare, per te e per tutti noi.
Il tuo ragionamento fila alla perfezione.
Se fossero le storie a esser brutte e tristi, magari il lieto fine sarebbe la vita vera.
Continua a sperare, Valeria.
E vedrai che il finale che vorresti.
Lo scriverai tu stessa.
Ecco.



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