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C’è un clandestino a bordo

C'è un clandestino a bordo

di
Alessandro Ghebreigziabiher


C’è un clandestino a bordo.
Così hanno urlato a squarciagola non appena mi hanno visto.
Un clandestino, ecco cosa sono per loro.
Io, un clandestino… ma come siamo arrivati a questo?
Ho provato, ci ho provato eccome a spiegarmi, a implorarli, a fargli capire che così mi condannavano a morte certa, ma non hanno voluto sentire ragioni.
Mi hanno sollevato di peso e scortato fuori della nave in procinto di salpare.
"Ma la barca è così grande, è enorme! Non ditemi che è una questione di spazio."
Non l’hanno detto, difatti.
È proprio una cosa personale.
È me che non vogliono con loro.
"È razzismo", ho gridato, e si sono messi a ridere, come prevedibile.
Dai, lo ammetto, la loro reazione me l’aspettavo.
Tuttavia, man mano che mi portavano giù dall’imbarcazione ho avuto modo di osservare chi invece era stato accolto senza discutere.
"Ma che razza di persone siete?" Ho esclamato con tutto me stesso.
"Ho visto che avete fatto salire cani e gatti, e anche porci, come si suol dire.


Alessandro Ghebreigziabiher

"Cavalli e buoi, fagiani e lucertole, perfino ratti e scorpioni.
"Da quando noi siamo diventati meno importanti delle bestie?"
"Non noi", hanno specificato.
Tu.
Ovvero, io.
Io, per loro, valgo meno di un animale.
Perché io sono un clandestino, hanno aggiunto.
Un vero clandestino, hanno specificato.
"Io? Ma è uno scherzo?" Ho urlato con una voce isterica che ha suscitato ulteriore ilarità nei miei espulsori.
Quindi, vista la gravità della situazione in cui mi trovavo, ho cercato di convincerli a ogni costo.
"Vi prego, fatemi restare
", li ho supplicati.
"Farò qualsiasi cosa, pulirò il ponte, laverò i vostri vestiti, luciderò le vostre scarpe, cucinerò per voi e farò tutti i lavori umili e faticosi, degradanti e pericolosi che non vi andrà di fare."
Sapete cosa mi hanno risposto?
Hanno detto che qui tutti fanno tutto, compreso il capitano.
Allora, ho fatto la voce grossa e ho chiesto di parlare con quest’ultimo.
Così, mi hanno accontentato e il boss è arrivato.
Ovvero, è arrivata.
Una ragazza, giovane ma con gli occhi profondi e seri, di chi ha conosciuto le asperità della vita con mano.
Ero intimorito, farfugliavo e lo sguardo con cui mi squadrava era stato capace di spegnere all’istante ogni tentativo di far valere, se non le mie ragioni, perlomeno il mio desiderio di sopravvivenza.
"Tutti vogliamo sopravvivere", si limitò a osservare lei.
Quindi, come richiamati dalle mie urla, vidi palesarsi oltre le spalle della tipa i passeggeri che a differenza del sottoscritto erano stati fatti accomodare.
Quindi presero a fissarmi un po’ tutti con un misto di compassione e collera, curiosità e anche soddisfazione.
Ma la cosa che più mi lasciò senza fiato è che erano di una eterogeneità impressionante, sembrava di ammirare un arcobaleno umano, quanto fossero varie le tonalità delle carnagioni, molteplici i tratti somatici, così come il colore degli occhi e le pettinature.
Così, feci un ultimo tentativo.
"Quindi non avete solo animali, con voi. Perché loro sì, e io no?"
"Perché per tutta loro vita loro sono stati dei viaggiatori e tu non hai fatto altro che impedirne l’approdo", rispose la donna di nome Noah, prima di farmi scendere definitivamente dalla nuova arca. "Tu sei stato e per sempre sarai il solo clandestino a bordo dell’umanità."
Ecco, adesso sono qui, le onde del mare stanno per arrivare.
Ma io le fermerò, innalzerò un confine, anzi, un muro, sarò il baluardo, da qui non si passa, questa è la mia terra…
Dissolvenza, fine.

 
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