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Soli

Soli

di
Alessandro Ghebreigziabiher

 
In un possibile futuro, di primo mattino…

Mi dica, Dario, qual è il problema?
Dottore, ieri sono andato in uno di quei posti…
Con chi parli?
Shh, zitta, tu!
Cosa dice, prego?
No, dottore, non mi riferivo a lei, ma a lei
Chi?
Come le stavo dicendo, sono andato in uno dei quei nuovi locali che hanno aperto fuori città…
Ma lei è pazzo!
Come si permette di insultarti, questo citrullo?
Ti ho detto di stare zitta, cazzo!
Non essere volgare, a meno che tu non sia uno di quelli a cui piace l’amore ruvido. A questo proposito ti dico subito che con me ci vuole gentilezza, Dariuccio.
La prego, dottore, mi aiuti, non smette mai di parlare… e non dorme mai!
Mi spieghi bene cosa è successo, Dario.
Semplice, dottore, come lei ben sa, sono almeno dieci anni che l’ultimo essere umano connesso con il prossimo è stato isolato. Da quel momento, ciascuno di noi vive nella propria testa, letteralmente, al riparo di essa, aggiungerei. La pace assoluta regna sulla terra, perché siamo tutti immersi in un mondo dove siamo quel che vogliamo e tutte le persone con cui condividiamo il tempo non sono altro che versioni digitalizzate di coloro che vorremmo al nostro fianco, da noi stessi ritenute capaci di renderci felici.

Alessandro Ghebreigziabiher
Esatto, Dario, difatti anche il sottoscritto…
La prego, non lo dica, so bene che anche lei sia un ologramma, ma in questo momento ho bisogno di credere il contrario…
Perché?
Già, perché, Dariuccio?
Perché ho paura che un antivirus non sarà sufficiente a liberarmi di te, di lei, di questa qui!
Perché lei non è un programma, giusto?
Certo che non lo sono, dottore dei miei stivali. A meno che non ci abbia capito nulla fino a questo momento, e allora mi chiedo chi sia rimasta nel mio corpo…
Dottore… allora?
Mi dispiace, Dario, ma lei è stato infettato dal peggior virus della storia dell’universo.
E sarebbe?
Un essere umano.
Cazzo…
Ma non ce la fai proprio a non essere volgare, Dariuccio?
Non chiamarmi così!

A metà giornata…

Dario, ha consegnato la pratica ventisei?
Non ancora, ingegnere.
Razza di inutile lumaca, ma per cosa pensi che ti paghi? Per poltrire davanti al computer?
Non osare rivolgerti in questo modo al mio Dariuccio, buzzurro di un pelato con le orecchie a sventola!
Non ha le orecchie a sventola…
Cosa dice delle mie orecchie, Dario?
No, scusi, ingegnere, è che ho digerito male, stanotte…
Si che ce l’ha, hai visto che si è offeso?
Silenzio, cazzo!
Come si permette, Dario?!
Scusi, ingegnere, mi perdoni, non dicevo a lei!
Guardi, Dario, la tengo d’occhio e alla fine del mese farò i miei conti.
Hai visto che hai combinato, razza di imbecille?
Non posso vedere, Dariuccio, ma solo sentire.
E allora come fai a sostenere che il mio capo virtuale abbia le orecchie a sventola e sia per giunta pelato?
Perdonami, è che quando ti offendono mi arrabbio.

Nel pomeriggio…

Mi dia un etto di mortadella.
No, la mortadella ingrassa, prendi il crudo.
E io voglio ingrassare, cosa frega a te?
Niente, signore, come preferisce lei, sono qui per servirla.
Concordo con il garzone elettronico, Dariuccio, la scelta è tua, a meno che tu pretenda poi ti accendere la mia passione qualora mi ritrovi davanti quel flaccidume…
Quale flaccidume?
Come dice, signore?
No, scusi, mi faccia un etto di crudo, così la smette, questa rompiballe…
Come desidera, signore.

A sera…

Quel posto è mio, scusi, c’ero prima io!
E allora? Ho fretta, non ho tempo da perdere con le stronzate.
Tu guarda questo… Dariuccio, scendi subito dall’auto e dai una lezione al prepotente…
Ma tanto è solo un programma, mica è vero…
Anche le umiliazioni virtuali fanno male, credimi. A meno che tu non le gradisca, ma tengo immediatamente a ribadire che le fruste e le manette non sono di mio gusto.
E se poi le prendo? A suo tempo ho impostato il mio mondo personale sulla modalità con esito imprevedibile…
Meglio una possibile sconfitta, che una certa, dice il detto.
Quale detto?
Dariuccio, sveglia, il tizio se ne sta andando…
Ehi, senta un po’? Lei non può fare come le pare…

Prima di coricarsi…

Che botta! Sarà stato virtuale, ma picchiava forte…
Ci hai messo il ghiaccio?
Certo che sì, ma come credi che vivessi prima del tuo arrivo nella mia testa?
Da solo, Dariuccio caro.
Esatto, da solo, e voglio tornare a esserlo, okay?
Vuoi davvero che me ne vada?
Ti prego, sì.
D’accordo, come vuoi, addio.
Addio.

Giorni dopo…

Chiara, è ora di portare il cane a passeggio.
Non mi va, dannato assistente vocale, okay? Tanto pure il cane non esiste davvero… a meno che non siamo in un film con finale a sorpresa e la bestiolina è il vero protagonista, viva gli animali, abbasso quelli che scorreggiano sul metrò, eccetera.
Non capisco la tua domanda, Chiara.
Ti credo, ti ho comprato in saldo, cosa pretendi?
Cosa intendi fare, ora, Chiara?
Stare sul divano a guardare la tv, quello che faccio ogni santa sera, assistente del piffero, dovresti saperlo.
Chiara…
Assistente, hai cambiato voce…
Con chi parli, Chiara?
Non lo so…
Chiara, sono io.
Io chi?
Dario.
Chi?!
Dariuccio
Come hai fatto entrare nella mia testa?
Esattamente come facesti tu.
E cosa vuoi da me? Non volevi restare solo?
Già, ma mi sbagliavo.
Ah, bel voltagabbana che sei, ora però sono io a voler rimanere sola.
Lo capisco, e allora se lo desideri me ne torno a casa… ma, se ti va, potremmo farlo insieme, per vedere se ci piace.
Cosa?
Restare soli.

Assistente?
Sì, Chiara.
Spegniti, tu, il cane robot e anche il pappagallo sintetico, già che ci sei, a meno che non siate dei guardoni, ma a me non piace l’esibizionismo, quindi silenzio.
Che ho da vivere...






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